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mercoledì 3 ottobre 2018

Momo ed io / 5






“Preoccupati di dare agli altri quello di cui hanno bisogno da parte tua”
Cristina Ruschi del Punta - “Sette punti neri”





Il cane è una creatura che sa davvero cosa significa essere una presenza nella vita di qualcuno.
E io, malgrado me, sono una dannata solipsista.
Se lo desidero, riesco ad isolarmi anche vivendo per anni in una casa piena di persone.
E quindi tenere le persone a debita distanza è una mia grande specialità.
Anche le più vicine. Soprattutto le più vicine.
Così, quando Momo è entrata nella mia vita, ho dovuto fare i conti proprio con questo. Assieme a tutte le altre cose, e sono moltissime, con le quali ho dovuto fare i conti alla comparsa del mio cane, c’è stata questa: l’incredibile capacità che hanno i cani di starti sempre vicino.
Ti alzi; si alza. Ti sdrai; si sdraia. Passeggi; passeggia. Ovunque sei tu; è lei.
Ma lo starti vicino dei cani non è meramente fisico, è qualcosa che oltrepassa il quotidiano e ti raggiunge le viscere, qualcosa che ti sfiora dentro e non smette mai, qualcosa che, se non riesci ad accettarlo, ti fa sempre starnutire la mente.
“Ma tu chi accidenti sei?”, le chiedevo quando era un coso peloso che non aveva raggiunto i tre chili di peso. E lei guardava e guardava e guardava…
“ ‘zzo guardi?”, e dentro la mia testa qualcosa starnutiva bello forte “etciuuuuuuuuuuuu”.
Allora non sapevo ancora che, se non avessi accettato questa presenza costante dentro me, quest’anima che si sdraierà schiena contro schiena alla mia tutti i giorni che vivremo insieme, non avrei mai potuto accettare pienamente me stessa.
Ho imparato ad accettare che i cani sanno cose che noi abbiamo smesso di sapere. Ho imparato a capire che la mia mente starnutisce quando ho qualcosa di nuovo e bello da imparare. Ho imparato pian piano che sperimentare l’unione con un altro essere vivente può essere un buon viatico per la mia personale evoluzione e che, a volte, ma solo a volte, è anche doloroso.
Ma che va bene così.
Esiste un “dolore buono” che aiuta l’anima a dire addio a vecchie solitarie abitudini, che, come calzini spaiati, ingombrano i cassetti che dovrebbero contenere i doni che l'Universo ha in serbo per noi. Buttiamo i calzini e teniamoci i doni.
Conviene. Conviene sempre.
E il fastidio da contatto che provavo all’inizio si è trasformato in una domanda: “cosa posso fare per te?”, alla quale Momo ha risposto silenziosamente, ma con forza, perché, per fortuna, vivo con un cane dalla personalità spiccata.
E, con lentezza e diverse difficoltà, lei mi ha insegnato che, quando ci stiamo vicine, ma vicine davvero, non è affatto necessario formulare domande né aspettarsi risposte sincere a domande ridondanti.
Io so chi sei e il mio sguardo limpido ti attraversa tutti i giorni. So cosa stai provando e so di cosa hai bisogno.
Allora ho imparato a rivolgerle a me stessa, le domande.
“Cosa posso fare per starti vicina?”
“Quali sono le cose che ti rendono felice e come possiamo realizzarle insieme?”
“Quali spazi apro dentro di me per farti stare più vicina?”
Piccole cose. Una strada fatta di piccole cose. Una strada fatta insieme, così: sfiorandosi l’anima non appena si può, non appena l’altra ha fatto spazio dentro di sé.

Ora Momo mi trotta incontro con la bocca aperta in un largo sorriso e la lingua penzoloni, e io, che sto ancora imparando a risponderle nel modo che le fa più piacere, non desidero altro che mi tocchi l’anima.

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