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domenica 16 settembre 2018

E pluriball unum



“ E pluribus unum”
      Motto degli Stati Uniti d’America


Mia sorella Simona lavora il feltro con mani piccole e agili.
Teresa, e il suo corpo intero che sorride, la guida alla ricerca del pluriball che, sotto gli strati di lana non ancora infeltrita, fa da dima al lavoro che stiamo facendo.
La lana delle pecore felici di Alessandro è una promessa di calore e protezione e, sotto la schiuma del sapone vegetale, si trasforma docile mentre le mie mani la massaggiano.
La lanolina me le ammorbidisce, le mani, ed è una sensazione di completezza che mi rapisce la mente, perché “anche se il cuore ha paura, le mani fanno”, dice, citando uno dei suoi mille proverbi ucraini, mia sorella Alexia.
Quando le mie mani fanno, tutta me stessa scivola lì, in quelle dieci dita e allora io non sono nulla più che falangi e movimenti. Il mondo comincia e finisce nel lavoro delle mie mani. Nulla é troppo faticoso, nulla è troppo impegnativo.
L’ho imparata dalla mia nonna Luisa questa specie di meditazione del fare.
La ricordo soprattutto nei giorni precedenti il 24, 25 e 26 dicembre, quando casa nostra si riempiva (letteralmente) di ravioli. Venivano stesi ad asciugare su ogni superficie possibile (letti compresi) nell’attesa dei numerosi ospiti che avrebbero popolato casa nostra. Parenti (che dormivano spesso su letti molto improvvisati sul pavimento), ma anche amici, o amici di amici, o parenti di amici che “altrimenti sarebbero stati soli a Natale, poverini”.
Una distesa immensa di piccole prelibatezze ripiene (ogni commensale nel avrebbe trovati 10 nel piatto, non uno di più non uno di meno) che venivano amate a partire dalla sfoglia tirata a mano e dal ripieno fatto con ricetta segretissima e antichissima. Piegati a uno a uno, in una forma di trance meditativo che potrebbe fare la fortuna di molti moderni “maestri”, e distesi su tovaglie bianche, “che più bianche non si può”. I più piccoli di noi venivano condannati al girone dei “contatori di ravioli” e contavano e ricontavano quelle delizie, finché non si era matematicamente certi che nessun ospite (neanche quello più inatteso) sarebbe rimasto senza.
È così, anche mentre impasto il feltro, con le mie mani, che sono io, che in questo momento sono il mondo; vicino alle mie sorelle, che lavorano questa lana per farne piccole ciotole, che sono il perfetto simbolo della femminilità, riscopro che tutto è tondo, tutto è circolare.
La mia amata e preziosissima nonna la ritrovo qui: nel laboratorio di feltro con altre sette donne.
Donne.
Sorelle.
Creatrici di forme, creative del fare.